MEDEA

L’ Ass. Cult. POLITECNICO TEATRO
presenta
“MEDEA”
Di Euripide
Adattamento di  Paola Scotto di Tella
Regia di Giovanni Nardoni
TEATRO AMBRA ALLA GARBATELLA
Piazza Giovanni da Triora 15
Dal 28 gennaio al 21 marzo 2014
Ore 10.30
Ingresso 10 euro
NOTE DI REGIA
“O sventurata mia mano, afferra il pugnale, afferralo, avviati verso una vita di dolore, e non essere vile, non pensare alle tue creature, ma almeno per il breve spazio di questo giorno dimentica i tuoi figli, e poi piangi”
                                                                             (da MEDEA Episodio V)
La Medea di Euripide, rappresentata per la prima volta nel 431 a.C. è un’opera di incredibile modernità. Già all’epoca ebbe notevole fortuna e incontrò il favore del pubblico, diventando, successivamente, esempio per quanti volevano misurarsi con questo materiale sfaccettato e complesso (da Ennio a Seneca, da Corneille fino a Corrado Alvaro).
La tragedia, mirabilmente costruita, ruota intorno alla figura femminile di Medea, tradita e abbandonata dal marito che sceglie di sposare la figlia del re Creonte per soddisfare la sua insaziabile sete di potere. Ma l’eroina euripidea non cede alla sua disperazione, non cede all’arroganza maschile e traendo forza da tutto quel suo sapere barbaro, che tanto l’aveva resa famosa in terra greca, elabora la sua vendetta.
Nel monologo del I episodio Medea si rivolge alle donne di Corinto, criticando e commiserando la condizione femminile che è completamente soggetta all’arbitrio dell’uomo. Ma il suo discorso ci porta molto più avanti, investendoci con la sua carica eversiva, arrivando a mostrarci una protagonista che da oltraggiata e offesa diventa vendicatrice e punitrice.
Il suo temperamento la porterà, anche se tra mille ripensamenti, ad andare fino in fondo nella sua volontà di punire l’uomo che le ha distrutto la vita. Si definisce così una nuova figura di donna, dotata di autonomia intellettuale che, offesa dall’abbandono ed esiliata, non soggiace, ma reagisce e si vendica. E così, mentre nelle opere degli altri due grandi tragediografi greci, Eschilo e Sofocle, il dramma si compie a causa della tensione tra il protagonista e la legge divina alla quale questi si deve adeguare, nelle tragedie di Euripide il dramma diventa interiore al personaggio: Medea è in lotta con se stessa.
Questa mia seconda messa in scena di Medea si avvale, nei colori e nelle linee, di quel mondo “primitivo – astorico” raccontato dal grande poeta Pasolini, evidenziando il profondo significato della pienezza del vuoto dove il palcoscenico, trasformandosi in un enorme scatola nera, diventa contenitore delle terribili ombre delle passioni umane ed il pubblico, scandendo il ritmo tragico, rispecchia se stesso nelle sue potenziali e terribili aberrazioni.
Giovanni Nardoni
 
 


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