BARBONI

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DAL 13 AL 21 APRILE 2013
in scena
BARBONI
di MARICLA BOGGIO
regia di MARIO PROSPERI
scene e luci di Valerio Di Filippo
aiuto regia e foto Fabio Gaigher
musiche eseguite al violino da Iris Walther
costumi di Helga Williams
con
MARIO PROSPERI
PAOLA SEBASTIANI
GINO NARDELLA
ROBERTO ZORZUT
BEATRICE MESSA
GABRIELE GRANITO
Col titolo Barboni: favola metropolitana Mario Prosperi si accinge a mettere in scena il quarto testo di Maricla Boggio, dopo Doppiaggio (2003), Sibilla (2007) e Scena prima (2011).
Si tratta del primo che viene presentato come progetto finanziato dalla Regione Lazio al Teatro sala Uno, ma si sono citati i precedenti perché provano una convergenza artistica. Il testo di cui parliamo è impertinente e puntuale, perché i barboni che troviamo in esso sono - come dire? - neobarboni: sono esponenti di una classe media ridotta ai cartoni.
C’è chi ha una motivazione di libertà, di ribellione, chi invece in questa libertà si è trovato a causa di un licenziamento; c’è un barbone “da generazioni”, qualcuno per cui è uno stile di vita ereditario; c’è chi grida al vento maledizioni al coniuge infedele, chi dà fuoco ai cartoni in cui vivono i barboni, col rischio di bruciarli vivi, c’è un universitario che li soccorre come volontario della Caritas e una suora – suor Palla – che cucina polpette da distribuire.
La trama si movimenta quando un’ex attrice, Gloria, capita nel suo vagabondaggio sotto il portico di un palazzo dove riconosce tra il piccolo popolo dei senza casa un gentiluomo, ora in fuga da se stesso, con cui condivise un periodo più fortunato della vita. Gloria gli rivela che sta pensando ad un film sui barboni, una “favola metropolitana”, per cui vuole conoscerli bene, fare per un po’ la stessa vita, interrogare i loro destini.
E le viene rivelato intanto che il gentiluomo sta lui stesso studiando i suoi compagni di emarginazione con un fine di utilità sociale: dà loro una possibilità, con piccole somme di cui non rivela la provenienza, di intraprendere attività di loro scelta, purché con un impegno di continuità, e in tal modo combatte la loro autodissoluzione. Questo appare subito a Gloria il soggetto che cercava: il sapore amaro, anche disperato, di una condizione che si considera senza ritorno trova la contraddizione e il sollievo di qualcuno che fa un esercizio volontario di fiducia, ma ricevendo anche un utile dall’impiego delle persone che riscatta dalla miseria.
La scena sarà affidata a Valerio Di Filippo, i costumi ad Helga Williams, le musiche saranno suonate dal vivo con il violino da Iris Walther, i ruoli saranno affidati a Mario Prosperi (il principe), Paola Sebastiani (Gloria), Gino Nardella (un barbone chiamato “Internet” perché non lascia mai il computer), Roberto Zorzut (il barbone “da generazioni” che recupera alberi di natale e altre piante), Beatrice Messa (una metallara in rivolta da una famiglia pariolina), Gabriele Granito (il volontario della Caritas che distribuisce le polpette di suor Palla).
13-21 aprile 2013
Tutte le sere alle 21 - la domenica alle 18
Biglietto intero euro 12, ridotto euro 9
SalaUno Teatro – P. zza di Porta San Giovanni, 10
 
 

Recensione:
Dal 13 al 21 aprile. Mettiamo che i poveri di Zavattini e De Sica, capitanati da un angelo sceso dal cielo o "nato sotto un cavolo" come Totò il buono, una volta decollati con le scope per lasciarsi dietro letti di cartoni e baracche di lamiera, giungano veramente in quel luogo di sogni e di umanità realizzata dove "buongiorno vuol dire ancora – è una battuta del film “Miracolo a Milano” del 1952 – buongiorno". La metafora ideologica ammantata di favola di Zavattini non offriva una reale possibilità di riscatto, lasciando tutto come in sospeso nella dimensione onirica: i “Ladri di biciclette”, il film del 1948 dello stesso duo Zavattini-De Sica, dopo solo cinque anni non solo non avevano ancora trovato una via di uscita dalla miseria e dalla disperazione, ma addirittura, se volevano sottrarsi alla loro condizione, non avevano altra scelta che volarsene via, forse all’altro mondo, oppure all’estero. La critica marxista pensò al paradiso dell’Unione Sovietica, quella conservatrice all’eden del capitalismo americano: il che assicurò comunque al film una rissa ideologica con accuse di ipocrisia e qualunquismo da tutte le parti, da destra e da sinistra.
  
BARBONI
di Maricla Boggio
regia di Mario Prosperi
scene e luci di Valerio Di Filippo
aiuto regia e foto Fabio Gaigher
musiche eseguite al violino da Iris Walther
costumi di Helga Williams
con Mario Prosperi, Paola Sebastiani, Gino Nardella, Roberto Zorzut, Beatrice Messa, Gabriele Granito
Al genere della "favola metropolitana" costruita da Zavattini coi romanzi “I poveri sono matti” (1937) e “Totò il buono” (1943), oltre che coi due film appena citati, si riaggancia idealmente il testo “Barboni” di Maricla Boggio in scena al Teatro Sala Uno per la regia di Mario Prosperi. Sono gli stessi personaggi a fare chiarezza sulla forma della loro commedia, appunto definendola una "favola metropolitana" che ha come presupposti non solo i lavori di Zavattini e De Sica, ma anche archetipi come la cinquecentesca “Commedia degli straccioni” di Annibal Caro, la elisabettiana “Opera dei mendicanti” da cui Brecht trasse “L’opera da tre soldi” in tempi più recenti. E’ curioso e originale che le stesse battute del lavoro di Maricla Boggio contengano i riferimenti e i chiarimenti essenziali. Così pure il capolavoro di Brecht viene citato, ma per differenziarsi: si tratta cioé, veniamo avvertiti, di un’Opera da tre soldi alla rovescia, lì erano dei finti malviventi a sfruttare dei poveri diavoli che si fingono storpi e monchi per elemosinare, mentre qui la finzione è rappresentata da un barbone che barbone non è. Ma è un ricco aristocratico che si traveste per aiutare, ecco la favola di Totò il buono, i poveracci finiti tra i cartoni per colpa di un sistema finanziario che ha ridotto sul lastrico anche il ceto medio.
L’elemento fiabesco gira tutto intorno al personaggio di Eddy, ottimamente interpretato dallo stesso Mario Prosperi, il finto barbone, ovvero il ricco nobile inglese dal buon cuore che si trasferisce nelle strade della metropoli a vivere tra i cartoni per individuare le anime belle del "sottosuolo" della città e al fine di aiutarle economicamente per rimettersi in carreggiata. Purché, ecco l’unica condizione del patto, costoro si impegnino ad aiutare a loro volta un altro disgraziato che non ha perso la speranza.
Accennavo prima al cinema di Zavattini e De Sica, ma direi anche qualcosa de “La strada” di Pinelli-Fellini: rimandi e richiami a questi monumentali esempi della quinta arte vengono gettati sul tappeto e li ritroviamo ad esempio in Gloria, un’altra finta barbona, in realtà una sofisticata film-maker, che si immerge nella miseria della vita sotto ai ponti per farne un film recitato dai barboni stessi: un’idea non tanto lontana dalle intenzioni del neorealismo dell’immediato dopoguerra.
Il testo di Maricla Boggio è umanissimo e sincero, onesto nelle sue intenzioni morali, etiche e sociali, scritto con commossa leggerezza, che non è semplicità, nonostante affronti temi esistenziali seri e impegnativi come la caduta di una classe media, un tempo benestante, nei gironi infernali della dimensione dei senzatetto. Da un punto di vista strettamente ideologico questo “Barboni” non ha e non vuole avere il taglio della provocazione politica di uno Zavattini e nemmeno lo slancio rivoluzionario di un giovane Büchner (quello del “Woyzeck” che scrisse in un articolo “pace alla capanne, guerra ai palazzi”). Qui ci troviamo piuttosto di fronte ad un’ideologia "positivistica", la speranza che le cose vadano bene anche per i poveri nutrita da un Dickens, con l’happy end del ballo a palazzo dove i derelitti, rinati a nuova vita, saranno invitati per festeggiare la loro rinascita.
Ma c’è veramente da festeggiare? O non è solo un sogno questo finale da “e vissero felici e contenti”, come suggerisce la strindberghiana “danza tragica” che prende il posto del ballo delle cenerentole e “cenerentoli” vari? Mi sembra di intuire anche dalla scelta della nitida regia di Mario Prosperi l’intenzione di optare per questa soluzione finale più criticamente ideologica: la pantomima del ballo a palazzo al suono di un inquietante violino risveglia più angoscia che certezza nel domani. Domani tutti si risveglieranno probabilmente, anzi sicuramente, tra i cartoni.
Veramente bravi gli attori che meritano una menzione: Paola Sebastiani (Gloria), Beatrice Messa spiritosissima ed euforica, a tratti isterica, punkabbestia, come pure Gino Nardella, Roberto Zorzut e Gabriele Granito: tutti attenti a dare umanità e profondità all’intreccio drammatico delle loro storie.
SalaUno Teatro - Piazza di Porta San Giovanni 10, Roma
Per informazioni e prenotazioni: telefono 06/98182993, mail info@salauno.it
Orario spettacoli: tutte le sere alle 21, domenica alle 18
Biglietti: intero euro 12, ridotto euro 9
Articolo di: Enrico Bernard
Grazie a: Ufficio stampa Giulia Contadini
Sul web: www.salauno.it
Maricla Boggio

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